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Immagine del redattoreAndreas Perugini

Trieste è bella di notte

Mercoledì 27 settembre h 20:30 in collaborazione con Medici Senza Frontiere . Seguirà dibattito con Giulia Maistrelli, ostetrica e operatrice umanitaria di Msf.


TRIESTE È BELLA DI NOTTE Regia di Matteo Calore, Stefano Collizzolli, Andrea Segre. Genere Documentario, - Italia, 2023, durata 75 minuti.


UNA NARRAZIONE EFFICACE E SENZA FRONZOLI DEI FLUSSI MIGRATORI. CHE NON HA PAURA DI CHIEDERE CONTO ALLE ISTITUZIONI. Recensione di Tommaso Tocci


Uno sguardo alle storie e ai percorsi attraverso cui si dipana l'immigrazione nord-orientale verso l'Italia. Agli occhi di chi proviene dall'Iran e dal Medio Oriente in cerca di asilo, e attraverso la Turchia risale verso nord al di là dell'Adriatico, il punto di arrivo della Slovenia è quello che prelude all'ingresso in Italia e alla vista di Trieste, "bella di notte" con le luci sul porto. Una volta arrivati, però, i profughi si scontrano con politiche di accoglienza in costante cambiamento, tra equilibri europei, "riammissioni informali" e illegali, e una polizia che "fa il suo lavoro". Con i flussi migratori che hanno definito la nostra epoca, le immagini dominanti a segnare la coscienza collettiva sono quelle degli sbarchi nel sud del paese.

Ma le dinamiche globali dei popoli in movimento e dei profughi in cerca di asilo cercano strade ovunque si possano trovare: il merito del collettivo Zalab e del documentario Trieste è bella di notte è di dare luce all'altra faccia del medesimo fenomeno, con volti e racconti diversi a reclamare consapevolezza.

Ci pensa un trio di registi, tra cui spicca quell'Andrea Segre che è ormai uno dei documentaristi più importanti del panorama italiano, oltre ad avere affrontato il tema nella finzione di opere come Io sono Li, L'ordine delle cose e La prima neve. In compagnia di Matteo Calore e Stefano Collizzolli, Segre intervista tanti di coloro che a quel "game", come viene chiamato il pericoloso viaggio, hanno partecipato. Sono conversazioni intrise di paure, speranze, aneddoti, resoconti delle difficoltà pratiche (dalle vesciche ai piedi al dissetarsi dalle pozzanghere) come di quelle burocratiche (non soltanto i rapporti con i centri di accoglienza e la polizia, ma quelli con chi il viaggio lo ha organizzato e con gli interpreti che possono fare la differenza tra essere accettati e rimandati indietro).

Le riprese sul campo si uniscono ai materiali girati in prima persona dai migranti, con i telefoni, e alla forte presenza della musica che li ha accompagnati. Elementi che danno al documentario un'immediatezza quasi effimera, lontana dall'estetica più costruita di altre opere. È un'efficace narrazione senza filtro e senza fronzoli, per quanto toccante; il che è in un certo senso il modo più autentico di rispettare una storia fatta di sogni pragmatici inseguiti con stoica lucidità.

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